Cosa distingue la Birra Artigianale dalla Birra industriale
Solo un profano della birra potrebbe osare dire che non esiste alcuna differenza tra la birra industriale e la birra artigianale.
Un vero intenditore, al contrario, sa bene che l’enorme divario che intercorre tra queste due varietà è legato non solo al gusto, ma anche agli odori, ai colori e alla consistenza stessa. Ed è questo il motivo per cui il vero amante della birra non si limita a consumare quella che generalmente si trova sugli scaffali degli ipermercati, ma è alla costante ricerca di prodotti artigianali e zonali da vagliare e testare.
Non è un caso se birrerie e microbirrifici siano oggi così in voga, capaci come sono di offrire al proprio target di riferimento prodotti sempre nuovi e diversi, realizzati solo ed esclusivamente con materie prime provenienti dal territorio di appartenenza. Non resta che capire a questo punto quali differenze ci siano effettivamente tra una birra artigianale ed una che è invece frutto di un procedimento industriale e standardizzato.
La Birra Artigianale e la Birra Industriale
Per iniziare è giusto sottolineare che, secondo la definizione fornita qualche tempo fa dai vertici di Unionbirrai, la birra artigianale differisce da quella industriale perché è cruda. Per cruda s’intende, in questo caso, che la birra prodotta dalle realtà del territorio è integra e priva di conservanti, ragion per cui destinata ad alterarsi più velocemente di quella industriale.
La Birra Artigianale
Dietro un prodotto artigianale di questo genere ci sono emozioni e sentimenti che una birra realizzata in serie non conosce, processi dinamici e creativi che incarnano spesso un valore aggiunto capace di per sé di fare la differenza e di stupire chi si appresta a sorseggiare.
Volendocisi addentrare nell’ostico campo delle caratteristiche per così dire tecniche, la birra artigianale non è filtrata e neanche pastorizzata come, invece, quella industriale.
I produttori impiegano solo ed esclusivamente prodotti di elevata qualità che possano giustificarne il prezzo, comprensibilmente più elevato, e conferire alla birra un gusto molto più intendo e caratteristico.
Gli aromi sono sorprendentemente intensi: i profumi degli ingredienti utilizzati si fondono l’un l’altro dando vita a fragranze sempre nuove ed avvolgenti che difficilmente, inutile negarlo, è possibile ritrovare nella classica birra da supermercato. Sono i profumi della terra, di Madre Natura.
Qualcosa che neanche il più sofisticato dei macchinari industriali potrebbe essere in grado di riprodurre. Questo non significa tuttavia che la birra industriale non sia un prodotto da prendere in considerazione, anzi.
La Birra Industriale
Di diverso, al di là delle emozioni che un prodotto artigianale è comprensibilmente in grado di trasmettere a chi lo degusta, c’è che quella prodotta su scala industriale è sempre e comunque pastorizzata e filtrata.
Un processo, questo, che si rende necessario per garantire che la birra si conservi il più a lungo possibile e che il tempo non ne vari le caratteristiche. Il processo di trasformazione degli zuccheri in alto deve perciò essere fermato, compromettendo in questo modo molte delle peculiarità della birra stessa: la pastorizzazione altera i profumi e gli aromi del prodotto finale, che già ad una prima analisi risulta meno profondo di uno realizzato artigianalmente.
Le differenze tra birre artigianale e birra industriale
Le birre industriali sono dunque pressoché identiche l’una all’altra, frutto di procedimenti standardizzati che hanno il solo scopo di soddisfare le aspettative minime del consumatore profano e di raccogliere il consenso del maggior numero possibile di utenti. Come se fosse un prodotto surgelato per intenderci: saporito, in qualche modo gustoso, ma neanche lontanamente paragonabile a quello preparato in casa dalle nonne e dalle mamme.
C’è un’altra differenza sostanziale tra le birre artigianali e quelle industriali sulla quale vale la pena soffermarsi: queste ultime contengono conservanti, additivi chimici e surrogati del malto d’orzo, come ad esempio il mais ed il riso, sostanze che vengono sfruttate per abbattere i costi di produzione e per poter vendere la birra ad un prezzo popolare che possa fare gola al consumatore medio. Ingredienti che, purtroppo, compromettono in maniera determinante l’esperienza gustativa, spesso sciupando un prodotto che avrebbe potuto essere quanto meno accettabile.
Conclusioni
L’utilizzo massivo di succedanei è una scelta logica, anch’essa dettata dall’esigenza di aumentare le rese e di massimizzare i processi di produzione. Sul piano squisitamente “morale”, invece, la differenza tra birra artigianale e birra prodotta in serie sta tutta nella ricerca.
Se la prima è frutto di una sperimentazione continua, legata al desiderio da parte di chi produce di rinnovare di continuo i propri prodotti per stupire il target di riferimento e far sì che il proprio brand abbia un’identità ben precisa, quella industriale è il risultato di un procedimento che non cambia mai. La diversificazione del prodotto non esiste, non è contemplata, ragion per cui i macchinari lavorano sempre allo stesso modo e seguendo un ritmo costante.
Ogni bottiglia è uguale a quella precedente ma anche a quella che verrà, perché in una produzione così rigida e serrata non c’è spazio per le interpretazioni e per i colpi di scena. Ne consegue che la birra realizzata da un artigiano esperto, che per cimentarsi in quest’avventura si è documentato e ha studiato sodo, non sia mai e poi mai un prodotto scontato, anzi.
Sebbene un’azienda possa utilizzare sempre le materie prime di quello specifico territorio, è assai possibile che la birra cambi notevolmente di anno in anno. E non solo nel sapore, ma anche nei colori e negli aromi che è in grado di sprigionare ogni qualvolta si ha la fortuna di stappare una nuova bottiglie.
Artigianalità è garanzia di sorprese continue, di gusti esplosivi ed inaspettati che sorprendono ed avvolgono. Una creatività, questa, che per ovvie ragioni non appartiene alla birra industriale, che è frutto di un procedimento omologato in cui non c’è spazio per la fantasia e per l’estro che contraddistinguono un mastro birraio che sia degno di questo nome. Un prodotto generalmente accettabile ma che non stupisce, una degustazione fine a se stessa che soddisfa ma non come una birra artigianale sarebbe in grado di fare. Sì, perché una birra fatta con le mani anziché con i macchinari di una fredda fabbrica è in grado di trasformare il momento della bevuta in un’esperienza assolutamente unica nel suo genere, in un viaggio alla scoperta di sapori e di aromi che non ci si aspetta e che si fondono l’un l’altro creando mix esplosivi.
Una birra che non è solo un capriccio, ma un desiderio profondo che solo la certezza di gustare un prodotto qualitativamente eccellente e ragionato sotto il profilo della produzione è in grado di appagare. Emozioni e sensazioni che i birrifici industriali non potranno mai e poi mai essere capaci di assicurare al consumatore medio.